GERINNUNGSMITTEL - Concetto (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
In area alpina il latte prodotto è in genere di mucca, di pecora o di capra, sebbene sia giusto specificare che ogni tipo di latte mammifero, in realtà, potrebbe essere soggetto a coagulazione ed essere, di conseguenza, anch'esso lavorato al fine di produrre il formaggio.
Le sostanze utilizzate come coagulanti vengono spesso prelevate dallo stomaco di bovini o caprini ancora lattanti, come ad esempio vitelli, agnelli e capretti. Nello specifico, dallo stomaco del vitello si preleva il cosiddetto ''caglio'', la cui componente coagulante attiva si chiama Chimosina. Anche altri tipi di sostanze non necessariamente di origine animale possono essere utilizzati per la coagulazione, come ad esempio gli acidi (acido citrico, acido acetico, ecc.). Si può persino ottenere lo stesso effetto mescolando il latte per mezzo di un ramo di fico, il quale all'interno del proprio succo contiene l'enzima della ficaina.
Questi non sono certo metodi di recente scoperta; essi sono conosciuti sin dall'antichità, così come testimoniato più volte da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia (es. NH 23, 63 ed. Loeb: Fici sucus lacteus aceti naturam habet, itaque coaguli modo lac contrahit ''Il succo latteo del fico ha la natura dell'aceto, e così come il caglio fa coagulare il latte''. NH 23, 64, ed. Loeb: Caprificus etiamnum multo efficacior fico; surculo quoque eius lacte coagulatur in caseum. ''Il fico selvatico è ancora più efficace di quello domestico; un suo ramo, messo nel latte, lo fa coagulare''). Nel XIX secolo in Spagna si era soliti far coagulare il latte mescolandolo con piccoli rami di fico (si veda P. Ascherson / P. Graebner, ''Synopsis der mitteleuropäischen Flora'', IV tomo, Lipzia 1908-13, pag. 593: "Der Milchsaft der Feige enthält ein Enzym, welches ähnlich dem von Carica papaya Proteinsubstanzen löst, vergl. Bouchu Journal de pharm. II. 1880. 164. Er wurde schon im Alterthum und wird noch heute in Spanien nach Wolffenstein bei Wittmack (Sitzb. d. Bot. Ver. d. Prov. Brandenb. XX [1878] 31) zum Gerinnen der Milch bei der Käsebereitung wie Lab benutzt" – ''Il latte di fico contiene un enzima simile alle sostanze proteiche contenute nella Carica papaya, si confronti Bouchu Journal de pharm. II. 1880. 164. Era utilizzato già nel mondo antico ed è tuttora impiegato come caglio in Spagna per la coagulazione del latte volta alla produzione di formaggio nach Wolffenstein bei Wittmack (Sitzb. d. Bot. Ver. d. Prov. Brandenb. XX [1878] 31)").
(auct. Stephan Lücke – trad. Alessia Brancatelli)
ALPEGGIO - Concetto (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
anko (ger) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Anko
Questo tipo di base potrebbe provenire dai termini in alto-tedesco antico ancho 'burro' (si confronti Id. I: 341) o anko, il quale si sarebbe poi evoluto in anke in alto-tedesco medio. L'origine del termine è da ricercare nella radice indogermanica *ongwen- 'unguento, grasso, burro', che, con il tempo, si sviluppò nel germanico *ankwōn m. 'grasso, burro'. È possibile ricondurre a questa radice indogermanica anche il latino ungĕre ed il termine ŭnctum 'grasso' (si veda Kluge 2012: 437; e ancora, Id. I: 341). In lingua tedesca, il tipo di base fu prevalentemente sostituito dal termine Butter 'burro'; è, tuttavia, ancora presente nella Germania sud-occidentale (si confronti SSA IV: 5.11a) ed è possibile trovarlo anche nella svizzera tedesca (si vedano SDS V: 179; e Id. I: 342).
A proposito di questo tipo (si veda Id. I: 341), il Kluge riporta la seguente breve ricostruzione:
„Anke(n), (sostituita da Butter) Sm 'burro' per. wobd. (VIII sec), medio-alto tedesco anke, antico alto tedesco anko.
Sebbene la parola si sia conservata soltanto in lingua tedesca, il termine germanico *ankwōn m. 'grasso, burro' è da intendere come premessa, come continuatore del termine indogermanico (weur.) *ongwen- 'unguento, grasso, burro' (con diversi livelli apofonici), si confronti il latino unguen n. 'grasso, unguento', air. imb 'burro' (*ṇgwen-) alla radice verbale indogermanica *ongw- ‛salben’ in ai. anákti, latino unguere ecc. Quindi inizialmente 'unguento, lubrificante'.“ (Kluge 2011, 47)
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
ATTREZZO PER ATTACCARE LE BESTIE PER LA CURA DEI ZOCCOLI - Concetto (Visualizzare sulla mappa)
babeurre (roa.) - Tipo morfo-lessicale (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Myriam Abenthum – trad. Alessia Brancatelli)
BAITA - Concetto (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
(v. Wikidata Q2649726)
baita (vor) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Dal punto di vista dell'italianistica, ad esempio, il DELI propone che il termine romancio baita, bait sia stato derivato wahta, senza, tuttavia, prendere in considerazione il termine sloveno bajta 'casa brutta' o senza soffermarsi sul termine alemanno Beiz e i termini bavaresi Boazn, Beisl 'osteria, bettola' (sfortunatamente, il tipo ampiamente diffuso non è presente nel SDS, né nell'Idiotikon e nemmeno nel BSA); attraverso questa proposta, dunque, le menzionate forme germaniche con ts, s non si spiegherebbero.
Per quanto riguarda la germanistica, invece, Kluge (2011, 106) sostiene che le forme in alemanno e in bavarese derivino dal termine yddish bajis 'casa' bajit 'casa'; ipotesi che andrebbe, però, a cozzare con la t del romancio (si confronti EWD I, 203). Una derivazione diretta dalla lingua ebraica (senza una mediazione yddish) non è proponibile a livello storico, considerata l'estensione dell'area in questione e considerato il riferimento alla realtà quotidiana contadina delle montagne.
La semantica delle forme in romancio ('capanna, baita, stalla' e così via), così come le attestazioni slovene ('casa brutta'), non fornisce alcuna motivazione per l'accoglienza di un prestito originariamente adstratico dalla zona di contatto friulano-slovena diffusosi su larga scala; sembrerebbe molto più plausibile, invece, l'ipotesi di un prestito substratico dall'alto romancio pre-slavo e pre-germanico delle Alpi orientali. Il tipo di base sembra quindi essere, in definitiva, una parola preromana di provenienza alpina.
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
*barica (lat) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Visualizzare sulla mappa)
bassus (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Dal tipo di base si sviluppò l'aggettivo francese bas, il quale, a seconda che si trovi prima o dopo il sostantivo, può assumere significati diversi: se si vuole attribuire una caratteristica esterna o geografica al sostantivo, bas si troverà dopo il sostantivo; se si desidera dare un'impressione soggettiva, invece, esso si troverà prima del sostantivo, il quale ottiene, così, un'accezione squalificante (si confronti TLFi: v.s. “bas”).
Il termine francese babeurre 'latticello' è un composto dato dai due tipi di base bassus e butyrum 'burro' (si veda TLFi: v.s. “babeurre”). In relazione con il francese bas, esso si riferisce al fatto che il latticello era visto solo come prodotto di scarto. Proveniente dalla produzione del burro e contenente per lo più acqua, esso veniva molto raramente consumato dai contadini alpini, i quali preferivano utilizzarlo nella successiva produzione della ricotta o darlo in pasto ai maiali.
(auct. Myriam Abenthum – trad. Alessia Brancatelli)
BASTONE PER IL TRASPORTO DI DUE CARICHI DI PESO UGUALE, DI LEGNO - Concetto (Visualizzare sulla mappa)
*brenta (xxx) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Visualizzare sulla mappa)
*brod (ger) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Il BRODO DI CARNE era un piatto tipico delle popolazioni germaniche, sconosciuto ai Romani: è per questo motivo che la parola penetrò nelle lingue romanze tramite un prestito dal germanico. Oltre al significato primario di 'brodo', però, il tipo di base sviluppò un'ulteriore accezione facente parte della terminologia inerente alla lavorazione del latte, quella di 'schiuma'. È così possibile spiegare la presenza delle derivazioni gallo-romanze brou de beurre, lett. 'schiuma di burro', o come brôe 'mousse sul latte' (si confronti FEW 15/1: 291-300).
Nell'area presa in esame da VerbaAlpina, in particolare a Trient, comune svizzero del Canton Vallese, si attesta, infine, uno slittamento del termine verso il concetto di LATTICELLO.
(auct. Myriam Abenthum – trad. Alessia Brancatelli)
*brottiare (vor) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
brousse (roa.) - Tipo morfo-lessicale (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
"D'apr. Brüch dans Z. rom. Philol. t. 35, p. 635, GAM. Rom.1t. 1, p. 369, t. 2, p. 38 et Gamillscheg dans Z. rom. Philol. t. 40, p. 148, ce groupe de mots est issu du got. *brǔkja « ce qui est brisé », dér. du got. gabruka « morceau » (FEIST, s.v. gabruka; KLUGE20, s.v. Brocken). E. Schüle dans Pat. Suisse rom., s.v. brochyè, estime au contraire qu'un terme got. peut difficilement s'être implanté dans le vocab. laitier des Alpes, et propose une base préromane *brottiare, d'orig. inconnue.” ('Secondo Brüch e Gamillscheg – si vedano rispettivamente il Z. rom. Philol. t. 35, p. 635, GAM. Rom.1t. 1, p. 369, t. 2, p. 38; e Z. rom. Philol. t. 40, p. 148 – questo gruppo di parole deriva dal gotico *brǔkja «ciò che è rotto», proveniente a sua volta dal gotico gabruka «pezzo di qualcosa» (FEIST, v.s. gabruka; KLUGE20, v.s. Brocken 'pezzo'). Nel Pat. Suisse rom., v.s. brochyè, E. Schüle ritiene, al contrario, difficile che un termine gotico possa essersi introdotto nel vocabolario lattiero alpino e propone *brottiare, una base preromana di origine sconosciuta” (TLFi).
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
bruma (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Lo stesso vale per il termine friulano brume (si veda FEW), il quale, tuttavia, sviluppò metaforicamente anche il significato di PANNA.
La forma ladina brama, ricollegandosi a quelle occidentali, perse la vocale tonica a causa dell'influsso della designazione sinonimica di crama.
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
BURRO - Concetto (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Pare, tuttavia, che il burro non venisse considerato allora come genere alimentare, bensì come mezzo curativo. Lucio Giunio Moderato Columella (morto attorno al 70 d.C.), che nel suo trattato sull'agricoltura Res rustica (VII libro, cap. VIII) si occupa, tra l'altro, in modo dettagliato della produzione del latte (si veda FORMAGGIO), non menziona, ad esempio, l'impiego del burro in ambito culinario; egli consiglia, al contrario, di utilizzarlo in forma liquida per trattare i dolori cronici:
"Fere autem omnis dolor corporis, si sine vulnere est, recens melius fomentis discutitur; vetus uritur, et supra ustum butyrum vel caprina instillatur adeps." (Columella 1941, Libro VI, Cap. XII, pag. 160).
Qui la traduzione in inglese:
"Almost all bodily pains, if there is no wound, can in their early stages be better dissipated by fomentation; in the advanced stage they are treated by cauterizations and the dropping of burnt butter or goat’s fat upon the place." (Columella 1941, Libro VI, Cap. XII, pag. 161); (''quasi ogni tipo di dolore corporeo – eccetto quelli causati da ferite – può essere dissipato negli stadi iniziali tramite la fomentazione; negli stati avanzati, i dolori vengono trattati tramite cauterizzazione e successiva applicazione locale di burro arso o di grasso caprino'').
Gli altri tipi di base correlati al concetto di BURRO sono molto interessanti dal punto di vista onomasiologico, in quanto essi sono motivabili in modi molto diversi tra loro:
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
(v. Wikidata Q34172)
butyru(m) (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
La composizione di questa parola pone enfasi sul fatto che si tratti di latte bovino; essa va a rimarcare la peculiarità del prodotto, lasciando bene intendere che in origine il FORMAGGIO non venisse di norma derivato dal LATTE DI MUCCA. Nella cultura greca, infatti, il formaggio veniva tradizionalmente prodotto con il latte di pecora o di capra, e lo è tuttora (una testimonianza letteraria delle usanze greche è offerta dall'Odissea, nell'episodio di Polifemo [9,170-566; nello specifico, nei versi 244-247 si legge che il ciclope non possedeva bestiame, ma pasceva le pecore ai pascoli]).
Il termine greco τὸ βούτυ̅ρον si riferisce al concetto del 'grasso del latte' (τὸ πῖον τοῦ γάλακτος [si veda il Corpus Hippocraticum, raccolta di testi medici redatti presumibilmente tra il VI secolo a.C. e il II secolo d.C.]). Nel Corpus Hippocraticum si racconta di come la popolazione degli Sciti producesse il burro dal latte di cavalla (Corp. Hipp., Morb. 4, 20). Il metodo ivi descritto è simile a quello diffuso ancora oggi: pare, infatti, che gli Sciti versassero il latte di cavalla in una zangola (recipiente cavo in legno: ἐς ξύλα κοῖλα) e che poi lo scuotessero. Tuttavia, il Corpus Hippocraticum non menziona come gli Sciti impiegassero il burro prodotto (se come genere alimentare o come rimedio curativo, ad esempio).
Così come nel Corpus Hippocraticum, anche Plinio il Vecchio esprimeva l'idea che la produzione e l'utilizzo del burro fossero usi tipicamente 'barbarici' (NH 28, 35: ''e lacte fit et butyrum, barbararum gentium lautissimus cibus et qui divites a plebe discernat''). Ciò potrebbe dipendere dal fatto che nell'area mediterranea era l'olio d'oliva ad essere impiegato come 'grasso alimentare' (utilizzo peraltro dominante ancora oggi). Greci e Latini non utilizzavano il burro come mezzo alimentare, bensì come rimedio curativo: da Ippocrate, a Celso e Galeno, non sono, infatti, rare le attestazioni di βούτυ̅ρον/butyrum nella letteratura medica; perfino Plinio il Vecchio parlava dell'impiego del burro come mezzo terapeutico (contro il dolore al collo, ad esempio: NH 28, 52).
Oltre al neutro βούτυ̅ρον, è presente in greco anche la variante al maschile ὁ βούτυ̅ρος. In entrambe le forme l'accento si trova sulla terzultima sillaba (si tratta di parole proparossitone). Il latino sembra aver adottato, dunque, 'butyrum' dal greco.
Bisogna fare distinzione tra due varianti del tipo di base butyru(m) a seconda dell'accentazione:
- butӯru(m), il termine latino parossitono dal quale proviene il tipo italiano butirro (si veda DELI 179);
- bútyru(m), termine latino con accento iniziale proveniente dal greco βούτυ̅ρον; da questo si sarebbero sviluppati il francese antico e il francese odierno bure, così come anche il francese beurre. Questo tipo fu, inoltre, preso in prestito in italiano, risultando nel termine burro (si confronti DELI 178).
Meno chiara è, invece, la storia del prestito dalla lingua romanza al germanico. Bisogna porre l'attenzione alla variazione del genere del termine tedesco Butter: in alemanno e bavarese domina il tipo al maschile; tuttavia, si attestano nel SDS alcune forme al femminile e una addirittura al neutro. Secondo Kluge 166, il tipo al maschile si sarebbe sviluppato in un secondo momento, in analogia con il termine alemanno Anke, maschile, sinonimo di 'burro'; un primo sviluppo sarebbe, invece, da attribuire alla variante al femminile, la quale sarebbe risultata come femminile singolare attraverso il cambiamento di significato del neutro plurale latino in -a. L'antico alto tedesco butira si ricollegerebbe a questo fenomeno.
In un'ottica geolinguistica ed interlinguistica dell'area alpina, tuttavia, questa spiegazione convince poco, poiché nella zona linguistica bavarese del Tirolo il tipo al maschile costituisce un'area in comune con il tipo romanzo but'ir, anch'esso maschile e confinato al sud. È quindi molto più ovvio vedere in questa forma un primario prestito adstratiale, e considerare il tipo femminile die Butter ('LA burro') come variazione secondaria. Il mancato slittamento della dentale -t-, fa pensare che il prestito non sia troppo remoto (non risalirebbe a prima del VIII secolo d.C.), ma che sia avvenuto a conclusione della seconda rotazione consonantica.
Da ultimo, sembra che il tipo butyrum in area alpina abbia preso il posto dei nomi provenienti dal latino unguere / *ungere ', ungere, ingrassare, lubrificare'.
(auct. Thomas Krefeld | Stephan Lücke – trad. Alessia Brancatelli)
CAGLIO - Concetto (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Myriam Abenthum – trad. Alessia Brancatelli)
*cala (lat) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
capănna(m) (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Stando a quanto riportato dal FEW II, 246, il termine latino capanna, al quale il tipo di base dovrebbe rifarsi, è attestato solo una volta (nello specifico, qui: Isidor); di esso si dice essere "di origine oscura" (FEW II, 246).
Una variante alpina è costituita dalle forme in cui è presente la consonante -m-; si veda DRG 3, 336-339. Per quanto riguarda la semantica delle forme in romancio, si legge: "con il significato di 'capanna, casa umile e semplice', il termine camona (oggi connotato letterariamente) assume un posto intermedio tra il termine familiare --> baita DRG (2,76) 'baracca, capanna decadente' e --> teja 'capanna, casetta alpina, montanara'. Si veda a tal proposito anche --> fögler" (239).
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
*cappellus (lat) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Nell'area presa in esame da VerbaAlpina, il tipo di base può anche essere trovato in riferimento al concetto di PANNA MONTATA Karte). È, infatti, possibile trovare derivazioni del termine latino cappa in riferimento alla schiuma che si forma sul sidro o sulla birra, o in riferimento alla 'pelle' che si forma sul latte bollito (si veda a tal proposito EWD II, 275). Il significato metaforico di 'schiuma' fu sviluppato, inoltre, dal diminutivo latino *cappellus (si confronti EWD II, 291). Si spiega, dunque, il perché della comparsa di quest'ultimo per la designazione del concetto di 'panna montata'; allo stesso modo si può motivare lo slittamento metaforico del termine caput.
(auct. Myriam Abenthum – trad. Alessia Brancatelli)
caput (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
In modo simile può essere motivato lo slittamento metaforico di cappellus.
(auct. Myriam Abenthum – trad. Alessia Brancatelli)
CASCINA - Concetto (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
caseāria (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
caseu(m) (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Il termine caseus, invece, si conservò nella parola italiana càcio, tipo molto diffuso a livello dialettale soprattutto in Toscana e nei dialetti centrali e meridionali d'Italia (si confronti DELI 1: 182); esso è, inoltre, presente nell'area di ricerca di VerbaAlpina, nella forma ladina ćiajó (si veda EWD II: 126). Nelle Alpi occidentali, al contrario, caseus non riuscì ad imporsi per via della presenza di toma, termine preromano, forse di substrato gallico.
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
cautum (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Cognati linguistici romanzi sono il ladino delle Dolomiti ćiàlt 'rimessa, capannone' (si veda EWD II: 129) ed il friulano ciôt 'porcile' (si confronti FEW, v.s. cautus).
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
cellārium (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Per altro, la fonetica delle forme alemanne e bavaresi è difficile, in quanto esse non mostrano alcun riflesso della palatalizzazione romanza della [k-] iniziale. Questo problema non si presenta solo per il tedesco meridionale, bensì per l'intera antica area di scambio e prestito latino-romanzo/tedesco, così come dimostra la convivenza tra forme che si muovevano (ted. Zwiebel 'cipolla' cēpŭlla [REW 1820]) e quelle che non si muovevano (ted. Kiste cĭsta 'cesta', ted. Wicke vĭcia). Perfino il nome del fiume tedesco Neckar dal lat. Nicer (si vedano RE, XVII/1 e dKP, 4, 88), senza alcuna palatalizzazione, è stato preso in considerazione sotto quest'ottica dati i collegamenti di cui sopra. È molto probabile che questo nome sia stato preso in prestito prima del 260-280 d.C., considerato che i territori a destra della riva nella Germania superior – che comprendevano tutto il corso del Neckar – furono abbandonati in quel periodo; risultò, così, un terminus post quem per la palatalizzazione nel Nord delle Alpi facenti parti dell'allora impero romano, o per essere più accorti, per il fatto che si sia imposto in generale. Data la datazione generalmente avanzata della palatalizzazione romana, non convince molto il solo argomentare sull'epoca del prestito. Bisognerebbe mettere in conto molto altro, ad esempio il fatto che le varianti – ferme e conservative da un lato e dinamiche e innovative dall'altro – abbiano convissuto a lungo nel periodo antico romanzo.
Si è infine considerato come la plosiva non si sia conservata solo nel sardo, lingua romanizzata molto presto, isolata e molto lontana (si veda, ad esempio, il famoso esempio kentu 'cento' dal lat. centu[m] ecc), bensì mostri d'essere esistita anche in lingua dalmatica – in questo caso, però, la lontananza dal territorio alpino è sicuramente ridotta (si confronti il termine kapula in lingua dalmatica proveniente dal lat. *cēpŭlla [REW 1820]).
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
clarus (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Forme analoghe sono attestate dal FEW, 2, 741 (v.s. clarus, 2, 742).
(auct. Myriam Abenthum – trad. Alessia Brancatelli)
coagŭlum (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Il verbo latino coagulare, inizialmente utilizzato in forma transitiva per indicare il 'portare alla coagulazione', fu usato a partire dal V secolo anche in forma intransitiva con il significato odierno di 'coagulare', ed è possibile trovarlo in tutta l'area romanza, come nel caso del francese cailler e dell'italiano quagliare (si confronti a tal proposito FEW 2, 816-820, v.s. coagulare).
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
cohortem (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Nell'area alpina si è conservato il significato di base del termine (ovvero ''spazio aperto per la mungitura e luogo di riposo nei pressi del pascolo''), e si osserva, per di più, un evidente spostamento metonimico del vocabolo agli edifici montani (si veda l'analoga polisemia del tipo base malga).
Varro individua due plausibili derivazioni della parola cohors: secondo la prima ipotesi, essa potrebbe essere connessa al verbo coorior e designare, pertanto, il posto intorno al quale il bestiame si ''raduna'' (dalla traduzione di R.G. Kent [Varro. On the Latin Language, Volume I: Books 5-7. Translated by Roland G. Kent. Loeb Classical Library 333. Cambridge, MA: Harvard University Press, 1938]; questa accezione del termine è, però, difficilmente correlabile alle altre accezioni riportate dal Georges, o al significato primario del semplice oriri).
La seconda possibile opzione è che vi sia un rapporto con il termine greco χόρτος, il quale è di per sé perfettamente ricollegabile al latino hortus (Varro, De Lingua Latina 5,88: cohors quae in villa, quod circa eum locum pecus cooreretur, tametsi cohortem in villa Hypsicrates dicit esse Graece χόρτον apud poetas dictam). Difatti, tanto hortus quanto χόρτος hanno in origine un significato analogo a quello di cohors (su χόρτος si confronti Il. 11, 774 e 24, 640).
(auct. Thomas Krefeld | Stephan Lücke – trad. Alessia Brancatelli)
colare (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
COLTURA CHE SI AGGIUNGE AL LATTE NELLA CALDAIA - Concetto (Visualizzare sulla mappa)
CONTENITORE PER CONSERVARE IL LIQUAME, DI LEGNO - Concetto (Visualizzare sulla mappa)
crama (vor) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
È interessante fare alcune considerazioni sullo sviluppo della parola negli affini francesi: nel francese antico è attestata, come prevedibile, la forma craime , 'crema del latte'. A partire dal XIII secolo, però, si registra in francese medio la forma cresme, indicante 'la parte più spessa del latte che viene a galla quando lo si lascia riposare per poi fare il burro' (si veda FEW 2, 1271.1274, v.s. crama. È qui necessario soffermarsi sulla s apparsa in questa forma, di cui un'odierna manifestazione è offerta dalla ê presente nell'ortografia standard del francese contemporaneo (crême); per spiegarne la presenza, bisogna, infatti, fare riferimento all'incrocio-interferenza con la parola ecclesiastica chrisma 'unzione', dal greco χρῖσμα.
Nel francese moderno si stabilì la forma crème, da cui fu presa in prestito la parola crema in italiano (si veda il DELI 1: 295).
Il tipo di base crama fu, invece, tramandato e perpetuato soprattutto nella lingua piemontese, nel lombardo e nel retoromanzo, sebbene vi sia stata una sostituzione data dalla sonorizzazione del suono iniziale cr- in gr-, un po' come accaduto nel sursilvano groma e nel romancio dell'Engadina gramma (si veda HWdR, 381).
Il tipo lessicale tedesco Rahm è anch'esso da ricondurre al tipo di base crama; sulla base dei contatti linguistici in area alpina è possibile proporre una nuova forma di derivazione. Kluge, 2011 offre una ricostruzione della storia della parola, da un punto di vista indoeuropeo:
"Rahm s, m 'panna', tedesco standard (XI sec.), alto-tedesco medio roum, basso-tedesco medio rōm(e). Dal germanico occidentale *rauma- m. ‛panna’, si ottenne anche rēam in inglese antico; si nota l'apofonia, infine, nel nordico antico rjúmi.
Assumendo che si parta da *raugma-, allora il termine in lingua avestica raoγna- n., sarà comparabile con raoγniiā- f. 'burro'. Altra origine incerta.
La forma nel nuovo alto-tedesco si basa su una voce dialettale, nella quale il nesso vocalico ou dell'alto-tedesco medio si ridusse alla vocale ā. Nei luoghi in cui vi è una differenza semantica tra Rahm e Sahne, la parola si riferisce al concetto di 'panna acida'. Si vedano le derivazioni: entrahmen; abrahmen. Si rimanda, infine, al termine in nuovo nederlandese room." (Kluge 2011, Online v.s. Rahm 1)
In questo approccio, le relazioni dialettali non vengono prese in considerazione; tuttavia, è da tenere in conto il fatto che nella regione alpina romanza sono ampiamente diffusi il tipo francese crème e quello italiano crema (nello specifico a Sud del confine linguistico germanico-romanzo).
I corrispondenti tipi fonetici con le varianti vocaliche tonali [æ], [e], [o] e [a] rimandano comprensibilmente alla forma di partenza comune [a], l'innalzamento della /a/ tonica a [e], o anche in [æ] in sillaba aperta o l'arrotondamento di /a/ ad [o] prima delle labiali passa totalmente inosservato. Risulta così il tipo di base crama, di origine gallica, cioè celtica (si confronti FEW 2, 1271-1274, v.s. crama); questo termine è inoltre attestato in Venazio Fortunato (*540-600/610), il quale nacque a Valdobbiadene (area alpina sud-orientale, a Nord di Treviso).
Ora, sarebbe poco plausibile spiegare l'area in comune dei tipi tra loro sinonimi del tedesco Rahm e del romanzo crama come una fortuita coincidenza. Piuttosto, si dovrebbe ricollegare il tipo di base tedesco a quello gallo-romanzo.
La riduzione del suono latino-romanzo ad inizio di parola da [kr-] al tedesco [r-] è un fenomeno riconducibile al fatto che "la h- che precede consonante in lingua tedesca scomparve nel IX secolo" (FEW 16, 249, v.s. *hrokk), così come dimostrato dalle innumerevoli attestazioni di altre forme analoghe. È fuor di dubbio che, nei primi tempi di contatto linguistico tra germanico e lingua romanza, la variante [hr-] esistesse ancora: il francese froc 'saio', infatti, non è da ricollegare all'antico alto-tedesco roc, bensì a hroc, con una sostituzione della laringale da parte della fricativa labiodentale. Kluge aggiunge in proposito:
"Rock[.] sostantivo, maschile, tedesco standard (IX secolo), medio alto-tedesco roc, rok, alto-tedesco antico (h)roc, sassone antico rok [.] Da germanico occidentale *rukka- m. ‛Rock’, anche frisone antico rokk. Le forme non germaniche sono comparabili con l'irlandese antico rucht'tunica', gallese rhuchen 'cappotto'. Il resto è poco chiaro.
Esiste anche una variante con hr- come suono inziale in sassone antico hroc, frisone antico hrokk, il quale ha probabilmente portato, tramite la mediazione del francese, al formarsi di Frack. Si veda anche nuovo nederlandese rok." (Kluge 2011, Online v.s. Rock)
Allo stesso modo è possibile spiegare la coesistenza del termine inglese horse e del tedesco Ross, germanico *hrussa (si confronti Kluge 2011, v.s. Ross) e il tedesco röcheln accanto al nuovo islandese hrygla 'sonagli in gola', lettone kraũkât 'tossire, sputare il catarro' dall'indogermanico *kruk- 'russare', 'rantolare', 'grugnire' (si veda Kluge 2011, v.s. röcheln).
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
*crassia (lat) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
In area alpina si riscontrano sporadiche denominazioni della PANNA, intesa come 'parte grassa del latte', provenienti da questo tipo di base.
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
crŭsta (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Esso designa la superficie dura e asciutta di un corpo in altre parti morbido, molle. Sia in latino che in altre lingue, esso si riferisce, ad esempio, alla crosta del pane. Par, dunque, ovvio che ci sia stato uno slittamento verso la 'crosta' del formaggio; esso non è, tuttavia, collocabile nel latino classico: si suppone, piuttosto, sia avvenuto in un secondo momento.
(auct. Myriam Abenthum | Stephan Lücke – trad. Alessia Brancatelli)
*excŏcta (lat) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Le forme tedesche del tipo di base, così come anche lo sloveno skuta, rappresentano in senso prototipico parole appartenenti al substrato romanzo nel campo della lavorazione del latte in area alpina. Approcci obsoleti, i quali cercavano una derivazione dall'alto-tedesco antico scotto del tedesco schottlen/schütt(l)en con conseguenti prestiti nelle lingue romanze, sono qui da escludere, in quanto forme come il lombardo scoččia [skotʃa] possono essere ricollegate solo all'etimo *excocta e non all'alto-tedesco antico scotto. Ѐ chiaro, dunque, che bisogna procedere al contrario nel ricostruire la storia del prestito, collegando il termine in lingua alto-tedesca alla lingua romanza (si confronti, in questo senso, Idiotikon VIII, 1563, v.s. Schotten e anche EWD, II, 200).
Si noti, tuttavia, la coesistenza di due tipi fonetici in ladino:
(a) il primo con [ʃk-] in posizione iniziale (si confronti [ʃkota] attestato a Livinallongo del Col di Lana), così come anche in friulano;
(b) il secondo con [tʃ-] in posizione iniziale (si confronti [tʃot(e)] attestato nel resto della Sella-Ladinia).
Ѐ possibile che quest'ultimo sia un prestito di ritorno dal bavarese del Südtirol (si veda EWD II, 199-200).
Il tipo di base è degno di nota a livello semantico, in quanto ci fornisce un esempio caratteristico di polisemia metonimica: esso, infatti, si riferisce ai diversi prodotti ottenuti tramite la coagulazione del latte (o del siero del latte) mediante riscaldamento e bollitura prolungata (lat. EXCOQUERE), vale a dire la massa del formaggio, i liquidi estratti, così come anche la ricotta e le parti proteiche (sull'argomento si veda VALTS IV, 204).
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
exsūctus (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Per il progetto di VerbaAlpina sono significative alcune attestazioni rilevate in Friuli, indicanti il concetto di 'formaggio'.
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
flōrem (flōs) (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Con il significato di 'fioritura', flōs si riferisce spesso al concetto della PARTE MIGLIORE, LA PARTE PIU' BELLA DI QUALCOSA: consideriamo l'esempio in latino flos aetatis 'il fiorire degli anni, della giovinezza, ricchezza della gioventù' (si veda Georges, v.s. flōs), espressione mantenutasi nelle lingue romanze (come in francese la fleur de l'âge 'il fiore degli anni, della vita'; si confronti FEW, 3, 630-638, v. s. flōs). L'espressione francese fleur de la farine indicante 'la parte più fine della farina', che si trova anche in italiano fior della farina, in engadinese flur d´farina e nel tedesco svizzero Blume (si confronti FEW, a.a.O.), può essere motivata allo stesso modo.
Con il significato di 'fioritura', flōs è messo in relazione alla SUPERFICIE e alla SOMMITA' DI QUALCOSA, come accadeva nel francese antico e nel francese medio à fleur de 'in superficie, a livello di'.
Entrambe le dimensioni semantiche di flōs ('parte bella di' e 'punto più alto di') motivano verosimilmente la designazione del concetto di PANNA, sviluppatosi già in latino (flos lactis 'panna') e presente e ben documentato ancora oggi nella nostra area di studio (si veda, ad esempio, l'espressione fior di latte 'panna'). Verbi come il francese défleurer o il nuovo occitano sanflurá, sonflurá 'scremare' (si veda FEW, a.a.O.), sono motivabili allo stesso modo.
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
FORMAGGIO - Concetto (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Premessa
Con questo concetto ci si riferisce ai prodotti caseari dalla consistenza solida, i quali si ottengono attraverso una prima fase di ''separazione'' del latte (grazie alla coagulazione). Dalla sostanza fluida anch'essa prodotta attraverso questo primo processo (parliamo del SIERO DEL LATTE) è possibile derivare, attraverso una seconda fase di coagulazione, un prodotto caseario simile al formaggio chiamato ricotta, in tedesco svizzero chiamata Ziger e definita in tedesco standard come 'Molkenkäse' (lett. formaggio di siero): a differenza del vero formaggio, però, la ricotta non contiene in sé la CASEINA, bensì un'altra proteina chiamata (ALBUMINA).La vera storia
Nell'HLS sottolinea come il formaggio ottenuto servendosi dell'enzima del caglio – si parla, dunque, della produzione tramite coagulante (non necessariamente di origine animale Lab) – non presenti dovunque una continuità con l'antichità: ''L'etimologia del termine Käse (formaggio) dal lat. 'caseus' lascia presumere che i Romani conoscessero il processo di lavorazione del latte intero con il caglio per ricavarne un formaggio grasso, salato e conservabile, adatto a essere trasportato nei territori celtici a nord delle Alpi. Il formaggio era già nell'antichità un prodotto alpino d'esportazione della Rezia. Nel basso Medioevo, il declino della cultura latina nelle regioni alemanniche determinò la scomparsa della produzione di formaggio con l'aggiunta di caglio; tuttavia è probabile che tale procedimento fosse ancora conosciuto nelle altre aree romanze. Fonti del basso Vallese e della Gruyère (XIII-XIV sec.) attestano la produzione di formaggio grasso. Scavi archeologici in insediamenti temporanei medievali (finora spec. nella Svizzera centrale) hanno riportato alla luce attrezzature destinate alla fabbricazione e alla conservazione del formaggio, per esempio sostegni per la pressatura, piccoli edifici la cui forma ricorda i trulli per la conservazione del latte e del formaggio, e grotte che servivano verosimilmente da cantina. Nell'insediamento di Bergeten (Braunwald, oggi com. Glarona Sud) è stata scoperta una cantina rocciosa refrigerata con dell'acqua, ma non si conosce la varietà di formaggio che vi era prodotta." (Dominik Sauerländer/Anne-Marie Dubler). Bisogna, però, tenere presente che c'è una chiara e più ampia evidenza linguistica per una possibile continuità. Sembra, soprattutto, che i Romani avessero già acquisito delle conoscenze sulle speciali tecniche di lavorazione del latte dalle popolazioni preromane presenti sulle Alpi. Sono, ad esempio, di origine palesemente pre-latina termini quali Senn, Ziger, Brente, Tomme (rispettivamente pastore alpino, ricotta, mastello, tipo di formaggio). Altro è, invece, il latino (Schotten, Gebse, Käse rispettivamente formaggio molle come il Quark, recipiente in legno, formaggio; si confronti Hubschmid 1951). Gli studi archeologici confermano l'antica datazione della lavorazione del latte in area alpina, in quanto si parla di "attestazioni riguardanti una vera e propria economia alpina tra la fine del II secolo e l'inizio del I secolo a.C." (Reitmaier 2016, 28; si vedano anche Carrer 2012 e Carrer et al. 2016).
Un passaggio che documenta in modo esaustivo la produzione del latte in epoca romana e le sue relative denominazioni è offerto da Plinio il Vecchio nel suo
"[...] omne autem igne spissatur, frigore serescit. bubulum caseo fertilius quam caprinum, ex eadem mensura paene altero tanto. [...]
Coagulum hinnulei, leporis, haedi laudatum, praecipuum tamen dasypodis, quod et profluvio alvi medetur, unius utrimque dentatorum. mirum barbaras gentes quae lacte vivant ignorare aut spernere tot saeculis casei dotem, densantes id alioqui in acorem iucundum et pingue butyrum. spuma id est lactis concretior lentiorque quam quod serum vocatur; non omittendum in eo olei vim esse et barbaros omnes infantesque nostros ita ungui." (Plinius 1906, 11, 96, 238 f.)
"All milk is made thicker by fire and turned into whey by cold. Cow’s milk makes more cheese than goat’s milk, almost as much again from the same quantity. [...] The curds of the roebuck, hare and goat are praised, but that of the rabbit is the best, and is even a cure for diarrhoea—the rabbit is the only animal with teeth in both jaws that has this property. It is remarkable that the foreign races that live on milk for so many centuries have not known or have despised the blessing of cheese, at most condensing their milk into agreeable sour curds and fat butter. Butter is a foam of milk of thicker and stickier substance than what is called whey; it must be added that it possesses the quality of oil and is used for anointing by all foreigners and by ourselves in the case of children." (Plinius 1855) – ''Ogni tipo di latte si condensa al fuoco, e con il freddo e l'umidità diventa siero. Dal latte di mucca si deriva più formaggio rispetto a quello caprino, da una quantità uguale se ne ricava il doppio [...] Si apprezza il caglio di cerbiatto, di lepre e di capretto, ma il migliore è quello di coniglio; esso è persino un valido rimedio per la diarrea – il coniglio è l'unico animale con i denti in entrambe le mascelle ad avere questa proprietà; è sorprendente che i barbari, che pur vivono di latte, ignorino o disprezzino da secoli il formaggio, sebbene riescano a condensare il latte in una cagliata gradevolmente acida e in burro grasso. Il burro è la schiuma del latte, ed è più denso e appiccicoso rispetto a quello che viene definito siero. Bisogna anche specificare che esso possiede le qualità dell'olio, e che viene impiegato per ungere i bambini, sia da noi che da i barbari''.
Con questo passo si comprende anzitutto quanto il latte di MUCCA (bubulum) fosse ritenuto di alto valore per la produzione del formaggio. Il termine caseus, inoltre, è spesso correlato al termine coagulum in relazione all'origine animale di esso (si veda coagŭlum), termine che può solo significare CAGLIO; caseus non è, dunque, un'espressione generica con la quale ci si riferisce ai prodotti caseari. Essa ha, al contrario, il significato preciso di CAGLIO. Caseus viene anche posto in contrapposizione a acorem iucundum e a butyrum – prodotti caratteristici dei barbaros, non dei Romani. Entrambe le definizioni, per altro, non sono del tutto chiare; non c'è nulla che spergiuri, ad esempio, l'interpretazione di butyrum come 'burro'. A che tipo di prodotto caseario acido si riferisca invece il termine acorem iucundum è ancora oscuro; è possibile si riferisca al concetto di LATTICELLO, ma rimane ancora un punto interrogativo. Plinio il Vecchio menziona, infine, il termine [serum|http://www.zeno.org/Meyers-1905/A/Serum?hl=serum]] in riferimento al SIERO; lo confermano le attestazioni di ''cognati linguistici'' corrispondenti ben attestati da VerbaAlpina nell'area piemontese delle Alpi occidentali.Anche lo scrittore latino Columella offre una dettagliata descrizione del processo di produzione del formaggio (VII libro, cap. VIII); oltre al caglio di origine animale, egli cita coagulanti vegetali (ad esempio il cartamo ottenuto dal succo della corteccia di fico), vasi (mulctra'vaso per la mungitura') e anche cestini atti a dare forma al formaggio (fiscella, calathus, crates). Columella descrive soprattutto le fasi più importanti della produzione del formaggio, come ad esempio la salatura, la pressatura e il taglio della forma. Egli parla anche dell'importanza della sua conservazione e della maturazione: "potest etiam trans maria permitti" (''in questo modo può essere spedito per mare''; 6).
Denominazioni generiche del concetto
Il tipo morfo-lessicale ''Käse'', valido in tutta l'area di lingua tedesca analizzata da VerbaAlpina, rimanda senza dubbio alla forma latina caseus, il quale trova solo poche continuità nelle aree romanze interessate dal progetto, ovvero solo nel ladino delle Dolomiti; sono molto diffusi, invece, e specialmente in lingua romancia, i cognati linguistici del diminutivo latino caseolus. Al posto di caseus, nello spazio di lingua romanza indagato da VerbaAlpina dominano sia il termine pre-latino tuma (apparentemente gallico) nelle Alpi occidentali di lingua francese e franco-provenzale, che il termine latino formaticus, la cui inequivocabile provenienza dal participio del verbo latino formare indica che esso doveva riferirsi inizialmente in modo specifico ai formaggi modellati e stagionati, riferimento che poi venne generalizzato.Data l'assenza di questo tipo nello spazio linguistico tedesco, bisogna presumere che esso si sia diffuso nella lingua romanza solo dopo la compiuta deriva linguistica verso il tedesco in area alpina del nord e dell'est. Il termine sloveno ''sir'' (formaggio) è un evidente rimando alla denominazione data da Plinio del 'siero', dal latino serum, con uno slittamento metonimico di significato.
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
Gaden (gem.) - Tipo morfo-lessicale (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Il termine è attestato in antico alto-tedesco come gadum o gadem, in forma neutra. Attraverso una parola dal significato di 'abbandonare' o 'lasciare vuoto' si aggiunse una relazione con parole di altre lingue indoeuropee del germanico *ǵhə-t-mo- per 'stanza libera, stanza vuota' (si veda il Kluge 2011, online s.v. Gaden). Gaden o Gadem veniva considerato come obsoleto già nel XIX secolo, come attestato dal dizionario dei Grimm. Il termine era allora ancora presente sia come neutro che come maschile (si veda DWB: s.v. Gadem).
(auct. Markus Kunzmann – trad. Alessia Brancatelli)
GAMBI E FOGLIE DEI CEREALI, TREBBIATI, SECCHI - Concetto (Visualizzare sulla mappa)
iŭncus (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld | Stephan Lücke – trad. Alessia Brancatelli)
lăcte(m) (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
In alcune zone delle Alpi, come in Svizzera e nella regione storica della Savoia, in rifermento al concetto di ''latte'' si utilizzano parole provenienti dal latino *lacticellum , ovvero il diminutivo del termine lăcte(m) (si veda a tal proposito FEW 5: 114). È da qui che fu ad esempio preso in prestito il termine italiano latticèllo (si veda DELI 3: 655).
Anche alcune denominazioni del concetto di SIERO derivano dal tipo di base. Da un lato vi sono derivazioni tramite il suffisso -ata, le quali, però, si riferiscono a nomi collettivi; dall'altro si trovano spesso dei diminutivi del tipo di base, i quali comunque sottintendono l'idea che il siero ottenuto dalla lavorazione del formaggio non sia, in effetti, normale latte da bere. In francese, ad esempio, l'espressione petit-lait si riferisce al concetto di SIERO. Tradotto alla lettera significherebbe ''piccolo latte'', ma proprio attraverso l'anteposizione dell'aggettivo petit ''piccolo'', quest'espressione assume il valore di diminutivo (si veda FEW 5: 114).
(auct. Myriam Abenthum | Stephan Lücke – trad. Alessia Brancatelli)
mascarpa (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Un'altra possibile spiegazione è, allora, proposta da Hubschmied 1936: il termine mascarpa 'ricotta, panna', diffuso in Lombardia, nell'est del Piemonte e nelle province di Piacenza e Parma, avrebbe origini galliche. Hubschmied ricostruì, infatti, *skarpā- 'separazione, divisione' a partire dalla radice celtica skar- 'separare, dividere'.
Ora, in diverse lingue i termini PADRE e MADRE vengono usati in senso metaforico per esprimere i concetti di PROCREATORE, CAUSA (ad es. in tedesco der Wunsch ist oft der Vater des Gedankens, 'il desiderio è spesso il padre del pensiero'; in latino omnium malorum stultitia est mater, 'la stoltezza è la madre di ogni male'). Analogamente, il gaelico mac 'figlio' si riferisce metaforicamente ai concetti di RISULTATO, PRODOTTO e anche NASCITA, ORIGINE, come ad esempio in mac mallachtain 'diavolo' (lat. filius maledictionis 'figlio della maledizione'), macc-alla 'eco' – alla lettera 'figlio della roccia' – o mac-órna 'Whisky', che tradotto letteralmente sarebbe 'figlio dell'orzo'.
Sulla base di queste considerazioni, Hubschmied ipotizzò che anche la lingua celtica godesse di questi meccanismi di formazione delle parole e ricostruì *mapo- e/o *makko-, e di conseguenza *mapo-skarpā e/o *makko-skarpā 'figlio della separazione, prodotto della divisione'. L'ipotesi di Hubschmied è confermata dal punto di vista onomasiologico, in quanto questo prodotto si presenta proprio come risultato della separazione della panna in parti liquide e solide (si veda Hubschmied 1936: 100-102).
Il mascarpón (si confronti Treccani) è una tipica specialità gastronomica lombarda, con un alto contenuto di panna e realizzata con l'aggiunta di crema dolce. Dalla Lombardia il mascarpone si è diffuso in altre regioni italiane, trasmettendo la parola ai rispettivi dialetti (si veda DELI 3: 726).
(auct. Myriam Abenthum – trad. Alessia Brancatelli)
MASSA SOLIDA DOPO IL RISCALDAMENTO E LA COAGULAZIONE DEL LATTE - Concetto (Visualizzare sulla mappa)
mŭlgēre (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Una connessione con Malga sarebbe molto plausibile dal punto di vista semantico; a causa dell'altra vocale tonica, però, risulterebbe foneticamente problematica.
Il termine tedesco melken sarebbe, secondo il Kluge (614), da ricondurre all'indoeuropeo *melǵ- 'mungere' – così come anche il latino ''mulgere'' e il greco ''ἀμέλγειν''.
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld | Stephan Lücke – trad. Alessia Brancatelli)
*nīta (vor) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
L'ipotesi di un prestito dalla lingua romanza a quella tedesca appare poco plausibile; è più facile ipotizzare, piuttosto, la possibile presenza della forma pre-latina *nīta (si veda a tal proposito Jud 1924: 201-203).
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
PANNA - Concetto (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Affinché si possa parlare di panna, però, è necessario che il latte in questione sia latte crudo. Il processo di omogeneizzazione del latte, infatti, cambia la struttura del grasso butirrico, rallentando ed ostacolando il cosiddetto processo di cremaggio. Nei caseifici moderni la produzione della panna si ottiene tramite l'impiego di speciali centrifughe. Tradizionalmente, però, il latte veniva posto in bottiglie o recipienti e lo si lasciava riposare per qualche giorno in ambienti freschi; una volta depositatasi, la panna veniva separata dal latte tramite particolari strumenti atti alla scrematura.
È possibile che la produzione della panna fosse inizialmente importante per la realizzazione del burro. A sostegno di questa tesi troviamo una corrispondente spiegazione offerta dall'AIS (Carta num. 1203), secondo la quale sul territorio da essa preso in esame si troverebbero recipienti di legno atti alla produzione del burro.
Sembra che già Erodoto scrivesse di come gli Sciti producessero la panna. Sembra che essi si compiacessero del latte di giumenta e che prelevassero la materia depositatasi nella parte superiore, la quale aveva per loro un grande valore (4,2 ed. Loeb: ἐπεὰν δὲ ἀμέλξωσι τὸ γάλα, ἐσχέαντες ἐς ξύλινα ἀγγήια κοῖλα καὶ περιστίξαντες κατὰ τὰ ἀγγήια τοὺς τυφλοὺς δονέουσι τὸ γάλα, καὶ τὸ μὲν αὐτοῦ ἐπιστάμενον ἀπαρύσαντες ἡγεῦνται εἶναι τιμιώτερον, τὸ δ᾿ ὑπιστάμενον ἧσσον τοῦ ἑτέρου. "Quando hanno munto il latte, lo versano in panciuti vasi di legno, e lo fanno agitare dagli schiavi disposti tutt'intorno ai vasi; scremano la parte di latte che rimane in superficie e la considerano la più pregiata, mentre considerano meno buona la parte che resta in basso"). Ammesso che qui si parli davvero della produzione della panna, è chiaro – data la scorretta descrizione della procedura e la mancanza di una specifica denominazione di quanto descritto – che Erodoto non conoscesse né il processo né il suo prodotto finale.
(auct. Stephan Lücke – trad. Alessia Brancatelli)
(v. Wikidata Q13228)
pannus (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Lo sviluppo del significato di ''pelle, strato che si forma sulla superficie di un liquido quando esso si raffredda o quando viene lasciato asciugare all'aria'' è facile da ripercorrere. Così si spiegano anche l'italiano panna ed il friulano pane 'panna', poiché la panna si deposita sul latte come una sorta di coperta, quando non la si tocca (si confronti DELI 4: 871, Treccani v.s. panna e la derivazione del verbo pannare 'fare la panna'). Un'altra metafora motivabile analogamente è quella di tēla.
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
pellīcia (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Nell'area di studio di VerbaAlpina, gli eredi della parola di base latina hanno mantenuto il significato di 'panna' in modo totalmente sporadico (si confronti pĕllis).
È da notare che le forme tedesco-alemanne presentano il genere al maschile senza alcuna eccezione, mentre, invece, il termine romanzo pleʧɑ 'panna' (a Val Monastero, nel Canton Grigioni), presenta il genere femminile, e corrisponde, così, al francese pelisse e all'italiano pelliccia (si veda FEW, 8, 162-164, v.s. pĕllīceus). (im graubündnerischen Münstertal).
Per quanto riguarda le forme tedesco-alemanne, sembra si tratti di sviluppi secondari di un prestito già adattato al genere del tipo tedesco Pelz (il quale, si intende, si rifà anch'esso al latino pĕllīceus; si veda Kluge, 692); non si tratterebbe dunque di resti delle locali lingue romanze di sostrato, che, visto il loro genere, dovrebbero corrispondere piuttosto alla forma al femminile pleʧɑ di cui sopra.
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
PELLICINA SUL LATTE, DURANTE IL RAFFREDDAMENTO DOPO BOLLIRE - Concetto (Visualizzare sulla mappa)
pĕllis (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
PICCOLA AZIENDA PER LA LAVORAZIONE DEL LATTE - Concetto (Visualizzare sulla mappa)
pinguĕ(m) (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Il restringimento semantico da 'grasso' a 'burro' si spiega a livello onomasiologico poiché nelle zone in cui per tradizione non si produceva l'olio – o per meglio dire, in cui questo non poteva essere prodotto – il BURRO valeva come GRASSO ALIMENTARE per antonomasia. L'olio non era, infatti, un elemento tipico della cucina di questi luoghi, mentre è ancora oggi assolutamente dominante nella tradizione culinaria del Centro Italia e del Meridione (si confronti Scheuermeier 1943: 28).
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
*pinguia (lat) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Alcune denominazioni presentano una tale somiglianza fonetica nella radice per cui è quasi impossibile mettere in discussione una loro appartenenza comune:
- (1) il romanzo pigna, con diverse varianti della vocale tonica [ɪ, e, ɛ, a] e simili;
- (2) lo slavo pinja, evidente prestito romanzo, in quanto la sua area di espansione si ricollega a quella di (1);
- (3) il romanzo pinacc, come (1) ma in forma suffissata;
- (4) il romanzo panaglia (con varianti della vocale iniziale, qui non tonica, che corrispondono a quelle menzionate al punto (1)); per questo tipo dominano le varianti con la vocale [a] non tonica nella radice
- (5) anche il tipo pignatta 'pentola' (valido anche in italiano standard) è riconducibile al punto (1) insieme alla sua variante dialettale spesso al maschile (si veda AIS 973). Esso è spesso attestato nell'area di ricerca di VerbaAlpina con il significato di 'pentola in terracotta' (si confronti AIS 955); eppure, al di fuori del territorio analizzato dal progetto, nello specifico in Emilia Romagna, con questo termine ci si riferisce espressamente ad una pentola nella quale si creano piccoli pezzetti di burro, sbattendoli con un cucchiaio di legno o con altro (si veda qui AIS 1206, i punti 427, 453, 455).
- latte di pigna (lett. 'latte della zangola', proveniente dalla zangola), dunque LATTICELLO.
In ogni caso, il suggerito rimando di pignatta al termine pigna (dal lat. *pīnea[m]) ''per la somiglianza di forma delle più antiche pignatte con una pigna" (link) convince poco dal punto di vista semantico, sebbene la forma conica di alcune pentole in terracotta e bronzo possano effettivamente ricordare la forma delle pigne (si confronti DELI#).
Un indizio reale e decisivo per la ricostruzione della storia della parola si trova nel sopramenzionato atlante linguistico AIS – Carta 955, LA PENTOLA (PIGNATTA) DI TERRACOTTA: in questa carta è presente anche una lista delle denominazioni del concetto di PENTOLA IN BRONZO (AIS 955_2), spesso riportate in un secondo momento in area alpina, poiché esse si riferiscono ad un materiale totalmente diverso per la produzione delle pentole da cucina, ovvero alla Steatite, anche detta pietra ollare, laveggio, in tedesco Lavetz(stein) (si vedano le carte AIS 963 Komm. LA MARMITTA, AIS 970 IL VASO PER LO STRUTTO).
Questo materiale versatile e relativamente facile da usare grazie alla sua bassa durezza, estratto principalmente sulle montagne del Ticino e della Lombardia, era valido anche per la produzione di altri oggetti, ad esempio per la realizzazione di forni chiamati sia pegna (in Engadinia) che pigna in romancio (HWdR, 571; LRC, 798; su pegna, pigna 'forni in steatite' si veda AIS 937, Kommentar). I forni vengono peraltro modellati in ''forma pressappoco cubica'' (AIS 937, si veda il commento) e non hanno, dunque, la benché minima somiglianza con le pigne.
Si tratta, quindi, di un chiaro caso di polisemia metonimica, e non di omonimia: pigna 'forno' e pigna 'recipiente per la produzione del burro' prendono la loro denominazione dal materiale che li costituisce, la steatite.
Non è, tuttavia, necessario pensare ad un etimo preromanzo come suggerito da Alexi Decurtins nel LRC, 798# in relazione al termine romancio pegna o pigna 'forno'; andrebbe, invece, presa in considerazione l'etimologia proposta da G. B. Pellegrini *pinguia (al latino pĭnguis 'grasso') – dalla forma ellittica pinguia(m) (ollam) ma non nel senso di 'recipiente (= lat. olla) per il grasso' ("recipiente particolare per conservare il grasso, fosse esso strutto, sugna, o burro cotto, oppure un arnese elementare per fare il burro" ([1976, pag. 171 cit. DELI 928]), bensì con il significato di minerale o roccia simile in termini di aspetto e consistenza adiposa (si confronti il termine tedesco Speckstein 'steatite', motivabile in modo analogo). Come tipo di base per (1)-(5) si propone, dunque, il latino *pinguia (petra) 'Steatite'.
Le molte forme aventi le vocali [ɐ, a] nella radice dimostrano una forte influenza (dal punto di vista onomasiologico ovvia) data da panna, da distinguere etimologicamente.
Non appartengono a questo tipo invece:
(6) il lombardo pench e il romancio paintg 'burro',
i quali possono essere meglio ricondotti a pĭnguis 'grasso' (HR).
Per quanto riguarda il termine romancio:
(7) penn 'latticello', si potrebbe trattare di una retroformazione dalla parola pigna 'zangola', nella quale il latticello viene, difatti, prodotto.
Il seguente schema mostra sia la famiglia lessicale (freccia verde) che i significati attestati (freccia rossa).
Per quanto riguarda la motivazione metonimica della polisemia, è possibile asserire che ci sia un'assegnazione di significato dalla naturale materia prima agli artefatti da essa derivati (anche di crescente complessità, da semplici recipienti -> congegni meccanici), e che questo interessi poi anche le funzioni connesse al processo di produzione.
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
*pinia (xxx) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Aleksander Wiatr – trad. Alessia Brancatelli)
*pisiāre (lat) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
La variante in latino volgare è riportata nei dizionari REW (6518, v.s. *pinsiare) e FEW (8, 539-41 v.s. *pīnsiare), sebbene non sia del tutto chiaro perché sia presente il nesso ns in entrambe le ricostruzioni: è noto, infatti, che la nasale presente prima della s scomparve molto presto, tanto che questo fenomeno non si presenta in alcuna forma romanza.
Secondo il EWD (5, 296), il termine veniva usato in ambito gastronomico e agricolo. Nel cantone dei Grigioni il concetto di BURRO è reso tramite la parola pischada, ottenuta dal participio della variante alla forma al femminile, molto utilizzato nella formazione delle parole (si confrontino il francese -ée, l'italiano -ata). A livello onomasiologico è facile spiegare il perché del restringimento semantico del termine: si era, infatti, soliti produrre il BURRO scuotendo (lett. ''pestando'') la panna in una zangola (si veda a tal proposito Frehner 1919: 103).
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
POSTO, DOVE IL LATTE VIENE COLLETTA PER UN ULTERIORE TRATTAMENTO - Concetto (Visualizzare sulla mappa)
PRATO, CONCIMATO, RICCO DI SOSTANZE NUTRITIVE - Concetto (Visualizzare sulla mappa)
*puína (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Tuttavia, il REW ritiene che questo punto di partenza sia da ''escludere concettualmente'' (v.s. pūpa) e ipotizza, invece, una possibile origine pre-romanza. È questa la proposta generalmente accolta dagli studiosi (si vedano HWdR, 624 e EWD 5, 417).
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
RICOTTA - Concetto (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
La ricotta può essere consumata fresca ma è anche possibile conservarla attraverso un processo di essiccazione e di affumicatura.
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
(v. Wikidata Q14776091)
Schmalz (ger) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Schmalz viene anche preso in prestito nelle aree retoromanze con il significato di 'burro'; si confronti il prestito ladino smàlz (EWD VI: 273-274).
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
seracium (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Questo tipo di base definisce il concetto di 'ricotta' e risale ad una derivazione tardo latina del termine sěrum 'siero' accompagnato dal suffisso -aceus, derivazione che può essere collocata nell'Italia settentrionale, nella regione storica della Savoia e in Svizzera.
Il tipo di base si conserva soprattutto in lingua franco-provenzale e in occitano. Da *sēraceum si sviluppò il termine franco-provenzale seraz, il quale penetrò, a sua volta, nel francese risultando in sérac. Il francese mantiene la -c di *sēraceum nello scritto per questioni puramente grafiche. Il termine Rescherack 'ricotta salata' fu preso in prestito nella Svizzera tedesca dal francese parlato nella Svizzera occidentale (si veda FEW 11: 495; si confronti Id. VI: 1642; e ancora, TLFi: v.s. “sérac”).
(auct. Myriam Abenthum – trad. Alessia Brancatelli)
SIERO DEL LATTE - Concetto (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Stephan Lücke – trad. Alessia Brancatelli)
*skūm (ger) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Il tipo di base con il significato di 'schiuma' ha origini germaniche. La sua ampia diffusione indica il prestito dal germanico prima del periodo delle grandi migrazioni. Inizialmente il significato della parola indicava una sorta di pomata, la quale i romani acquistavano dai popoli germanici e che chiamavano spuma (si veda a tal proposito Marziale 8, 33, 19f. [ed. Loeb]: ''fortior et tortos servat vesica capillos / et mutat Latias spuma Batava comas'', ovvero ''più energica la vescica tiene a posto i capelli ritorti, e la schiuma batava tinge le chiome romane''; sul tema si confronti anche Plinio il Vecchio, NH 28, 191, il quale parla di sapo, 'sapone'). In Plinio la parola è utilizzata anche in riferimento al butyrum, ovvero 'burro' (si veda a tal proposito il commento sul concetto di FORMAGGIO).
Sembra naturale vedere la parola germanica come una traduzione del prestito latino spuma; attraverso il contatto con l'espressione latina, infatti, il termine germanico *skūm divenne skuma, prendendo il genere femminile. Da qui, il prestito in francese écume e quello in italiano schiuma.
Il francese antico e francese medio escume è riportato per tutto il XII secolo con il significato generale di 'schiuma che si forma sui liquidi se scossi, riscaldati o lasciati fermentare' (si veda FEW 17: 137-140). Il significato specifico di 'panna' sembra essere tipico dell'area alpina.
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld | Stephan Lücke – trad. Alessia Brancatelli)
*smelt-a- (ger) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
È chiaro che il termine Schmalz 'strutto' sia correlato al verbo schmelzen 'sciogliere', come spiega il Kluge:
„Sn std. (IX secolo), mhd. smalz, ahd. smalz, mndd. smalt, smolt, mndl. smout. Als ‛ausgelassenes Fett’ zu schmelzen. Verb: schmalzen; Adjektiv: schmalzig " ( Kluge); ciò che risulta, però, è che il sostantivo sembra essere attestato esclusivamente in olandese e in tedesco; tutte le forme comprese nello studio di VerbaAlpina sono, inoltre, da ricondurre proprio a questo sostantivo. Sarebbe, dunque, fuorviante citare come tipo di base una radice verbale indogermanica ricostruita.
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
*sponga (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
In Italia la parola si diffuse da Sud a Nord sulla costa orientale, e nella Pianura Padana sostituì il latino spongia; riuscì ad espandersi anche sulla costa occidentale verso il Nord, ma non fu in grado di prendere il posto del termine toscano spugna.
La diffusione di *sponga interessò tutto il territorio gallo-romanzo, a spese di spŏngia. Si suppone che Marsiglia sia stato il centro di propagazione del termine, in quanto principale luogo di scambio mercantile: la parola vi giunse attraverso il commercio di spugne dalla Grecia (si veda a tal proposito FEW 12: 208-209).
Il ladino delle Dolomiti prese in prestito il vocabolo *sponga dal Veneto o dal Trentino (si confronti EWD VI: 395).
In Friuli il termine si riferisce metaforicamente al concetto di BURRO (si veda AIS 1207, 1208; si confronti ASLEF 3397); ciò si spiega facilmente se si pensa a quanto quest'ultimo ricordi sia per colore che per forma la spugna naturale.
Agitando il burro, il grasso si separa dal latticello sotto forma di agglomerati delle dimensioni di un chicco di mais circa. Una volta ultimato il processo di scolo del latticello, i piccoli agglomerati vengono lavati e infine impastati affinché il liquido rimanente venga espulso (si veda Mohr 1937: 379-380).
(auct. Myriam Abenthum – trad. Alessia Brancatelli)
srasa (roa.) - Tipo morfo-lessicale (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
tēla (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Oltre al significato originario di cui sopra, la parola tēla sviluppò un'accezione più specifica in riferimento al concetto di 'pelle, involucro'. Sulla mappa di VerbaAlpina è possibile vedere in dettaglio le derivazioni metaforiche del concetto di 'pelle sul latte, crema', già menzionate nel EWD I: 338; è possibile trovarle anche altrove, come ad esempio nel provenzale antico teleta ''peau qui se forme sur le lait cuit'' (''pelle che si forma sul latte cotto'') o in macedorumeno teară ''pelle sul latte'' (si confrontino FEW v.s. tēla 13/1: 158-162 e REW 8620 v.s. tēla).
Quella di *nīta è una metafora motivabile in modo analogo.
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
tomme / toma (roa.) - Tipo morfo-lessicale (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
L'etimologia di fromage / formaggio , dal participio latino formaticu(m) 'formato', ci dice però chiaramente che il significato generico risulta da una generalizzazione semantica che passa da 'massa caseosa messa in forma e indurita' a 'qualsiasi prodotto caseario' – ossia, in termini astratti, si tratta di uno spostamento tassonomico dal livello iponimo a quello iperonimo.
Il tipo morfo-lessicale non è esclusivamente alpino; esso è, infatti, diffuso anche in Sicilia. La carta seguente illustra la diffusione della variante scn. tuma sulle Madonie secondo Sottile 2002:
La variante siciliana tuma, arrivata senza dubbio attraverso i parlanti galloitalici, è degna di nota proprio per la semantica storica della parola. Essa ci mostra che anche il significato generico 'qualsiasi prodotto caseario' del tipo alpino tomme/toma è il risultato secondario di un processo semantico. In Sicilia significa 'massa caseosa fresca' in opposizione a fromaggiu che ha conservato il significato etimologico:
"tuma GA ['tuma], GE → etn., AL → etn., CA → etn., IS. → etn., PO → etn. ['tuma], ['tumwa] fem. prodotto caseoso che si ottiene rompendo la cagliata. 2. formaggio fresco non sottoposto a sterilizzazione nella scotta. 3. formaggio fresco, immerso direttamente nella scotta senza essere pressato nelle fiscelle.
Rotta la cagliata (→ quagghiata) nella → tina, la massa caseosa che precipita sul fondo e che viene raccolta (→ accampari, → arricampari) e sistemata a scolare nel → tavulìeri è ormai detta tuma. La tuma, poi, facoltativamente tagliata a cubetti, viene sistemata in fiscelle (→ ntumari, → ntumalora) perché possa scolare ulteriormente. Tuma è, inoltre, chiamato il formaggio che non viene sottoposto a sterilizzazione nella scotta (si confronti. GE) e che generalmente viene consumato subito [...]
Etn[otesto]. GE [a Geraci; Th.K.] a tuma un ci â d'èssiri misa nâ → vasceɖɖa, si ssi parra di tuma.
Trad. «la 'tuma' non va messa [raccolta] nelle fiscelle, se parliamo della 'tuma' ». [...]
Etn. IS [a Isnello, Th. K.] a tuma jeni u prodottu che si ffa ppoi u → formàggiu
Trad. «La 'tuma' è il prodotto [la pasta caseosa] che [con cui] si fa il formaggio». [...]" (Sottile 2002, 168)
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
traire (roa.) - Tipo morfo-lessicale (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
TRASFERIMENTO DI BESTIAME DAI PASCOLI MONTANI A VALLE - Concetto (Visualizzare sulla mappa)
ŬNCTU(M) (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
Questo tipo di base proviene dal termine latino ŭnctum ''grasso, unguento'', participio passato del verbo ŭngere ''ingrassare, lubrificare''. Per mezzo della sostantivizzazione del verbo, esso sviluppò il significato di ''grasso'', e, a partire dal II secolo d.C., assunse anche quello di ''unguento''. Entrambe le accezioni sono presenti oggi: il significato di ''unguento'' è mantenuto nella parola italiana unguento e nel piemontese oit (si veda Treccani). A questa base appartengono, però, anche il romeno unt ed il friulano ont, nell'accezione di ''burro'' (si veda FEW 14: 29-30; si confronti, inoltre, REW: 9057). Secondo quanto affermato da Kluge sull'indoeuropeo *ongw en- ''unguento, grasso, burro'' (2012: 437), il tipo di base ancho potrebbe essere direttamente collegato al tipo di base ŭnctum .
Alla base vi è il termine latino ŭnctum, ''grasso'', derivazione del verbo ŭngere, ''ingrassare, lubrificare''. A questa base appartiene anche il termine romeno unt, ''burro'', si confronti REW, 2075. Il tipo di base ancho potrebbe essere direttamente collegato a questo; il prestito alpino non sembra, tuttavia, confermare l'ipotesi che i due tipi siano correlati.
(auct. Myriam Abenthum – trad. Alessia Brancatelli)
*ungere (lat) (* = Ricostruito) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
(auct. Myriam Abenthum | Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)
unguere (lat) - Tipo di base (Citazione) (Visualizzare sulla mappa)
„Anke(n), (sostituita da Butter) Sm 'burro' per. wobd. (VIII secolo), medio-alto tedesco ''anke'', antico alto tedesco ''anko''.
Sebbene la parola si sia conservata soltanto in lingua tedesca, il termine germanico *ankwōn m. 'grasso, burro' è da intendere come premessa, come continuatore del termine indogermanico (weur.) *ongwen- 'unguento, grasso, burro' (con diversi livelli apofonici), si confronti il latino unguen n. 'grasso, unguento', air. imb 'burro' (*ṇgwen-) alla radice verbale indogermanica *ongw- 'ungere con unguento' in ai. anákti, latino unguere ecc. Quindi originariamente 'unguento, lubrificante'.“ (Kluge 2011, 47)
Il rapporto qui delineato è chiaro, ma la conclusione proposta è poco probabile, considerata la storia delle parole: il Kluge tratta, infatti, il termine come fosse un'isolata reliquia indogermanica, sebbene sia molto più facile far risalire questo tipo sud occidentale tedesco (alemanno) al latino o al romanzo. La menzionata base latina con la velare fu soppiantata dalla variante *ŭngĕre (REW 9069) nell'area di contatto romanzo limitrofa, come accadde per la palatalizzazione della g nel termine romancio (sursilvano) unscher, nell'inglese uondscher, nell'italiano ungere e ancora in altri casi (si veda a tal proposito HWdR, 971). Nell'odierno territorio francese sono però predominanti alcuni cognati del termine latino ŭnguĕre (si confronti FEW 14, 36 f.); tra questi, vi sono anche alcune forme dall'evidente rapporto semantico con la preparazione del latte, come ad esempio ogner 'dare il latte' (con cambiamento nel gruppo verbale) e ogna 'quantità di latte prodotta in una sola volta da una mucca'. Dal participio unctum, tra l'altro, proviene la designazione per il concetto di BURRO in friulano, largamente attestata nell'area di studio di VerbaAlpina di lingua romancia: ont, lld. onto, vonto (si confronti il rumeno unt). Il prestito dal latino-romanzo qui proposto è possibile sia a livello fonetico che dal punto di vista semantico, basti pensare ai numerosi altri romanismi presenti in questo dominio onomasiologico. Per quanto riguarda, infine, l'enorme espansione del tipo butyru(m), è evidente rivedere nelle designazioni derivate dalle varianti verbali ŭnguĕre, *ŭngĕre un tipo più antico, il quale ebbe alcune interferenze con butyru(m) in un secondo momento.
(auct. Thomas Krefeld – trad. Alessia Brancatelli)